MARCO MENGONI OF #GUERRIERO

Questa non è un'esercitazione.

OS.

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    Ciao ragazze!
    Dopo tanto, tantissimo, silenzio sono tornata!
    Ho un sacco di pezzi iniziati e mai conclusi o in via di sviluppo, ma è un periodo abbastanza incasinato, come ben sapete, e quindi a livello produttivo non sto combinando nulla di concreto.
    Questa è una OS che ormai avrà del tempo e che vi ho diviso in due parti, circa, per rendervela più leggera!!
    Love you so, mi siete mancate un much enorme!!!

    Bubu.


    ____________________
    Questa non è un'esercitazione.

    "Simo! Telefono!".
    Guardai Bruna perplessa.
    "Lascialo suonare!".
    "Se lo dici tu!", mi guardò con aria birichina, "allora riprendiamo dal cerchio. Viola, vedi di non fare i passi troppo lunghi che schiacci Veronica!".
    "Non c'è proprio rispetto per la gente bassa!", Veronica esclamò.
    "Il mondo non è fatto per voi!", la prese in giro l'altra.
    "Simo...", di nuovo Bruna mi richiamò all'ordine.
    "Ma chi diavolo è?!", esclamai spazientita.
    Tutti sapevano che a quell'ora ero a danza per le prove con il gruppo, a maggior ragione a pochi giorni da uno spettacolo che avremmo dovuto fare per una festa di non so quale banca.
    "C'è scritto 'Amore' e come foto ci siete te e un bel moro! Oltretutto sembra Mengoni".
    Avvampai immediatamente e mi diressi allo stereo per rispondere alla chiamata.
    "Eh però la Simo! Non ce l'avevi detto come era fatto però!".
    "Eh!", abbozzai un sorriso ed uscii dalla stanza.
    "Pronto!".
    "Ce n'hai messo a risponne!", la voce del cantante mi assalì immediatamente.
    "Marco, sono a lezione, dovresti saperlo!".
    "Non mi freghi! Avevi lezione alle cinque".
    "Sì, ma con le bambine per insegnar loro danza classica fino alle sette. Alle otto poi ho iniziato lezione io con il gruppo Medialuna".
    "E quando finisci?".
    "Alla solita ora, Marco, alle dieci! Ma ti sei bevuto il cervello o cosa?".
    "Ma io guarda che non lo sapevo!".
    "Cosa?".
    "Che continuassi a ballare flamenco! Finché insegni alle bambine ci può stare, ma ballare pure flamenco no!".
    "A parte che lo sapevi, perché te l'avrò ripetuto circa mille volte; in secondo luogo, non è che mi puoi impedire di venire a ballare o meno! Dulcis in fundo, tra quindici giorni abbiamo uno spettacolo e non possiamo non provare".
    "E tu ballerai a questo spettacolo?".
    "Mi pare ovvio", stavo iniziando a spazientirmi.
    "Nelle tue condizioni?".
    "Sono incinta solo di sei mesi, Marco, non ho la scadenza domani!", gli ricordai.
    "Non mi sta mica bene questa cosa, lo sai vero?".
    "E credi che la situazione cambierà nonostante tu non sia d'accordo?", ribattei arrabbiata. Molto arrabbiata.
    Vidi Bruna spuntare dalla porta a vetri.
    "Tutto bene, Simo?".
    "Sì, Bru, grazie. Adesso rientro".
    "Perfetto. E mi raccomando, non farti del nervoso inutile!", ella mi sorrise e io non potei fare a meno di sollevare un sopracciglio in segno di disappunto.
    "Dì a questa Bruna che fa più male il flamenco, al bambino, che il nervoso!".
    Continuava a voler avere ragione. D'altra parte io, con il mio carattere, decisi di lasciare perdere quella battaglia inutile.
    "Lo dici ad una che ha avuto due figli e che ha ballato fino a due giorni prima del parto?".
    Questa chicca, però, non potevo non dirgliela!
    Egli cambiò immediatamente discorso: segno che si era accorto della cavolata e, senza ammetterlo a parole, chiedeva a suo modo scusa senza tornare più su quel discorso.
    "Per che ora sarai a casa?", disse con tono pacato.
    "Dieci e mezza", lasciai a mia volta correre.
    "Okay dai, ci sentiamo dopo".
    "Ciao, Amore, a dopo!", chiusi la chiamata e rientrai, conscia che mi sarebbe aspetto il terzo grado da parte delle ragazze.
    Entrai in sala, posai il telefono e gli occhietti vispi di Ilaria iniziarono a cercarmi.
    "Siiiiiiiiiiimoooooooooooooooo... Cosa ci devi raccontaaaaaare?".
    Mancava poco alla fine della lezione ed eravamo già tutte a terra sconvolte.
    "Mi raccomando, che non esca, neanche per sbaglio o per scherzo, da qui!", cedetti a mia volta.
    Avevo tenuto troppo a lungo il segreto della "fidanzata di Mengoni" e avevo il bisogno di parlarne con qualcuno, far esplodere il cuore e confessare la mia felicità al mondo intero. E sapevo che loro erano le persone più adatte per far uscire, finalmente, queste parole di bocca.
    "Okay, bambole, ho capito l'antifona!", Bruna ci raccolse, "streaching finale in ascolto dei discorsi di Simo!".
    Così, chi alla sbarra, chi a terra, iniziammo gli ultimi esercizi di "rilassamento" muscolare.
    "Avete presente quando sono stata su a Milano per qualche mese, che non sono potuta scendere a provare per via del lavoro, che oltretutto in quel periodo mi ero lasciata con il mio fidanzato secolare?".
    Le ragazze annuirono.
    "Come sapete, stavo lavorando in un teatro, e mi occupavo dell'ufficio stampa e agenda setting di questo e ho avuto un sacco da fare con Mengoni e la sua manager, in quanto è un teatro molto particolare quello in cui sono stata proprio a livello di costruzione, e lui doveva fare uno spettacolo lì, quindi è stato per settimane a provare, venire tutti i giorni per misure e quant'altro che abbiamo iniziato a conoscerci. Una volta mi ha offerto un caffè per farsi perdonare del fatto che fosse sempre in teatro, e quindi mi bloccasse il resto del lavoro, visto che dovevo occuparmi io del loro progetto, e da lì abbiamo iniziato a parlare di lavoro, delle città natale e così via, finché non mi ha proposto di uscire una prima volta... Poi una seconda... Poi ha rubato il mio numero con la scusa delle prove... Fino a che non mi ha proposto di stare da lui per smezzare le spese e, badate bene, io di quell'affitto non ho mai pagato un centesimo".
    "Ma quindi è veramente lui?".
    "Eh già!".
    "Ma che storia! Quindi non è gay!".
    "Ti pare, Ludo?!", indicai il mio pancione.
    "No, beh si... Cioè... Vabbè, hai capito! Continua!".
    "Io subito non sapevo se accettare o meno, poi la padrona di casa ci ha sbattute fuori dall'appartamento e quindi, per forza di cose, ho dovuto accettare, promettendogli che avrei trovato una soluzione alternativa quanto prima, ma il punto è che una sera siamo usciti anche con i suoi amici, i quali iniziarono già a prenderci in giro e a chiamarmi 'Signora Mengoni' e da lì poi, davvero, è iniziato a nascere qualcosa", conclusi imbarazzata.
    "Quindi quanto è che state insieme?".
    "Quasi due anni ormai".
    "Ma come fai? Cioè, immagino che lui sia seguito da ragazzine in ogni dove, poi non è sempre in giro per concerti o quant'altro?".
    "Sì, quella è la parte peggiore, ed è anche per questo che inizialmente ho lavorato anche per loro, perché Marco è geloso, mooolto geloso, quindi l'idea di lasciarmi da sola a Milano lo faceva rabbrividire, poi abbiamo trovato questo accordo, ma non gli piace molto a dire il vero, però stare ventiquattro ore su ventiquattro assieme, conoscendolo e conoscendomi, poteva diventare logorante per un rapporto che poi fondamentalmente è bellissimo".
    "Che carini!".
    "E la decisione di fare un figlio?", domandò Veronica.
    "Non c'è stata una decisione vera e propria, a dire il vero, anche perché, a mente lucida, non so se avrei fatto un figlio, con lui, così presto. Ma una sera eravamo un po' brilli, nessuna protezione e via, il resto è venuto da sé!".
    "Perché non saresti stata sicura di averlo fatto?", la neo mamma, leggermente bigotta, mi chiese immediatamente, pronta per una breve lezione sulle opere del Signore.
    "Perché Marco davvero in un momento è in un modo e nell'attimo successivo è l'opposto, quindi prima, forse, era il caso di conoscerci ancora un po' meglio noi, ma con la scusa di Morgana, stiamo imparando anche a crescere insieme".
    "Come sei bella quando ne parli", Sara mi guardò con espressione incantata.
    Io arrossii leggermente e sorrisi imbarazzata.
    Poco dopo andammo a cambiarci e una volta infilata in macchina, andai verso casa di mia madre. Il viaggio sembrò più breve del solito e il mio unico desiderio era quello di andare direttamente a letto dopo una rigenerante doccia bollente. Non avevo molta fame, quindi non ne sentivo neanche la necessità, a dire il vero, ma non poteva comunque sia saltare cena: mia madre non me lo avrebbe permesso neanche solo al pensiero. Alla radio passarono l'ultimo singolo di Marco e mi venne da sorridere. Ero stata io a supplicarlo di farlo diventare il nuovo brano di lancio, totalmente contro alle regole di mercato e le opinioni della sua manager, ma lui, stranamente, mi appoggiò e così vinsi io. Mi promisi di chiamarlo appena mi sarei seduta per cena, così sarei stata più tranquilla e rilassata, pronta ad un'eventuale sua nuova scenata.
    Ebbi la fortuna di trovare parcheggio, proprio sotto casa, quindi chiusi la macchina e attraversai la strada. Come mio solito, suonai al citofono: troppa era la pigrizia nel cercare le chiavi, sicuramente in fondo al borsone di danza. Mamma aprì poco dopo. Salii i due piani di scale, il medico si era raccomandato di non perdere quel fantastico vizio e subito lo rassicurai: "Tranquillo, Doc, a sera prendere l'ascensore da sola mi fa troppa paura!".
    "Ciao famiglia!", esclamai entrando in casa, avviandomi verso l'armadio per riporvi borsone e cappotto.
    "Sono in cucina!", mia madre rispose.
    "Ma ciao anche a te, mamma!", sbuffai ad alta voce.
    La sentii ridere.
    Che c'avrà mai da ridere a questa ora?, pensai entrando in cucina, ma il mio cammino fu interrotto da un abbraccio inaspettato alle mie spalle.
    Mi voltai brusca, sono sempre stata una maldestra, quando mi ritrovai il mio compagno davanti.
    "E tu che ci fai qui?", ero piacevolmente sorpresa.
    "Un giro! Ciao, Amore mio!", egli mi baciò dolcemente sulle labbra.
    "Ma non avevi mille impegni questo fine settimana?", domandai ancora non capendo.
    "Le mie donne sono molto più importanti dei miei mille impegni! Iniziavo a sentire tremendamente la vostra mancanza!".
    "Dì la verità, sei senza camicie pulite e casa sembra un campo di battaglia?!", lo guardai con fare inquisitorio.
    Marco scoppiò a ridere e piano dissentì con il capo.
    "No, stai tranquilla! Sono diventato molto più disciplinato da quel punto di vista".
    "Meno male! Ciao Mammina", mi rivolsi verso di lei, la salutai, prima che si offendesse del tutto, dopodiché ci sedemmo tutti e tre a tavola per cenare.
    "Cri, lo sai che Simo vorrebbe ballare tra due settimane con il suo gruppo?", Marco sganciò la bomba.
    Di nuovo no!, sbuffai.
    "Sì, riesci a venire allo spettacolo?".
    Mi voltai stupita verso mia madre. Anche con lei sono state liti lunghe a proposito della mia decisione di continuare a ballare nonostante la gravidanza. L'averla dalla mia parte, ora, mi stupì.
    "Ma tu sei d'accordo?", non ci voleva credere neanche lui.
    Un po' stava iniziando a conoscerla. Io, dal mio canto, continuavo a voltare la testa da una parte all'altra divertita.
    "Tesoro, tra tutti e due non so chi ha la testa più dura e, dovresti saperlo, se dice una cosa la fa, punto e basta".
    Diplomatica, la donna!
    "Lo so, ma non è che stiamo parlando di una danza leggera a livello amatoriale!"
    "Lo so", sorrise ella.
    "Battaglia persa?".
    "Domanda retorica!".
    Io, per rafforzare il concetto, annuii con la testa con i bucatini all'amatriciana che mi scappavano dalla bocca.
    "Certo che c'hai ma faccia da culo come pochi!".
    Mi pulii il muso e deglutii.
    "Ho avuto un ottimo insegnate, vero Amore?", gli accarezzai la mano.
    "Che stronza", rise egli.
    Dopo aver sistemato cucina, mi infilai sotto la doccia per un bagno rilassante. Una volta asciutta, pulita e profumata mi avviai in camera dove c'era Marco impegnato a leggere.
    "Cosa leggi di bello?", mi accomodai accanto a lui.
    "La biografia di Ella Fitzgerard", puntò una nostra foto come segno e chiuse il libro.
    Quella foto gliel'avevo fatta stampare io e l'avevo utilizzata come bigliettino per il nostro primo anniversario. Eravamo a spasso nella riviera ligure, durante il tour estivo, e quello scatto ce l'aveva rubato Marta mentre stavamo chiacchierando con alle spalle il mare. Di quella foto me ne innamorai subito, perché si vedeva quanto la nostra storia, anche se solo all'inizio, era fosse piena di sentimento... E vorrei ben vedere, almeno agli inizi!
    Anche se, forse, è stato proprio l'inizio il periodo più difficile per noi, in quanto abbiamo dovuto imparare a convivere, forzatamente, uno con l'altra. Con due caratteri forti non era semplice. Abbiamo dovuto imparare a smussare molti angoli e ingoiare anche molti rospi per riuscire a trovare un equilibrio che ora dava dei frutti succosi e perfetti. Tanto da decidere di mettere al mondo anche un figlio, pardon, una figlia.
    "Poi me lo devi passare allora!".
    "Come se vivessimo sotto tetti differenti!".
    "Beh...".
    "Effettivamente ultimamente viviamo assieme solo nei weekend", acconsentì, "vieni qua!", sussurrò spalancando le braccia.
    "Mmm... Casa!", sospirai coccolandomi tra le sue braccia.
    Rifugiarsi in un suo caldo abbraccio era ciò che mi mancava di più ogni sera.
    "Casa non sembra più tanto casa senza di te", sospirò tra i miei capelli.
    Iniziava a patire la distanza ed era evidente. Lo stesso lo stavo provando anche io, ma il fatto che Marco avesse espresso liberamente ciò che teneva dentro voleva dire che era arrivato praticamente a capolinea.
    "Dai, Amore, manca poco. Saremo in ferie tutti e due. Io, te, Morgana, coccole, i nostri quaranta metri quadri di casa e la nebbia milanese per almeno venti giorni... Tolto un piccolo break qui a Genova in giornata per lo spettacolo!".
    "Ci speravo già che avessi cambiato idea".
    "Ormai ho dato la disponibilità, Marco, non posso", lo guardai fissa negli occhi intenzionata a porre fine, una volta per tutte, a quella serie di discussioni e frecciatine.
    "Va bene, la smetto", questa volta era convinto.
    Sapeva che si trattava di lavoro, per noi; sapeva anche quanto fosse difficile riuscire a trovare gente che ci pagasse, in primis, e, in secondo luogo in modo dignitoso e quello spettacolo prevedeva sia il primo che il secondo punto. Quindi era il caso di tenerceli buoni: avevano richiesto sei ballerine professioniste e sei ne avrebbero avuto.
    "Grazie, Amore".
    Fine della trasmissione.
    Decisi, quindi, di cambiare discorso:
    "Comprato l'albero di natale?".
    "Quando? De notte?".
    "Tempo ne avresti avuto".
    "Ma se tra un mese cambiamo casa! Poi sai che il natale per me...".
    "Vabbè, ma c'è lo possiamo portare dietro comunque! Andremo a vivere in un casa più grande! E pure con dispensa, Amore!".
    "Ci tieni così tanto? Anche se il natale e tutte le feste li passiamo in giro per l'Italia?".
    "Sì", lo guardai con occhioni da cucciolo abbandonato in autostrada.
    "Allora sabato quando arriverai a Milano andremo a prendere quest'albero!".
    "Siiiiii!".
    "Ora dormiamo, però, che sarete stanche".
    "Un pochino!".
    Marco mi accarezzò il pancione che ogni giorno diventava sempre più grosso, poi si chinò a baciarlo. Al tocco Morgana si girò tirando un calcio lieve. Così succedeva ogni volta che lui si avvicinava a parlarle, a cantarle o ad accarezzarla. Non era ancora nata che l'uno era già pazza dell'altra e viceversa. Dopodiché mi sistemò una ciocca di capelli e dopo un bacio dolce mi sussurrò un "ti amo" a fior di labbra.
     
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    oohh!
    Mi piace tanto la storia e mi piace come scrivi!
    Bentornata ;)
     
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    CITAZIONE (;ale @ 22/12/2015, 11:17) 
    oohh!
    Mi piace tanto la storia e mi piace come scrivi!
    Bentornata ;)

    Grazie mille, Ale *.*

    Ora vi lascio la seconda parte, essendo in tema e visto che domani non riuscirei ad accendere il pc causa preparativi........ Buon Natale, ragazze! <3

    ________________________

    Quel giorno riuscii ad avere, miracolosamente, un cambio da Carmen per la lezione delle bambine, così partii nel primo pomeriggio direzione Milano.
    Stavamo ancora nel suo appartamento in affitto, quindi nessuno dei due la sentiva ancora casa propria, ignorando per un attimo le numerose discussioni su dove trasferirsi un domani qualora bisognasse trasferirsi da Milano: Roma o Genova?
    Nel frattempo trovammo, non molto distante da casa di Marta, un appartamento in vendita più grande del precedente. Totalmente spoglio, Marco mi lasciò carta bianca su come riordinare casa e gli avevo sequestrato le chiavi, in modo tale che non potesse vedere neanche uno spigolo di ciò che avevo in testa. E la cosa mi eccitava un sacco! Allo stesso tempo però, ero un po' preoccupata, avendo lui studiato design ed essendo particolarmente noioso, da questo punto di vista, avevo paura non gli piacessero le mie idee che dall'età di dodici anni avevo a proposito di quella che sarebbe stata casa mia.
    Ero sul treno, quasi arrivata, che mi squillò il cellulare.
    Marco.
    "Pronto?".
    "Ciao, Amore, dove sei?".
    "Ciao! Sul treno, perché c'è stato un problema e quindi sono ancora in alto mare. Fai te che siamo appena partiti".
    Bugia. Ma per quella giornata avevo delle sorprese e quindi dovevo guadagnare terreno e, soprattutto, tempo.
    "Quanto ci metterai allora?".
    "Un'ora e mezza circa, perché? Tu hai già finito?".
    Momento di panico.
    "No, no, appunto perché siamo ancora nei casini pure noi, ti ho chiamata per sapere come fossi messa".
    "Vabbè, ma non ti preoccupare! Prenderò il bus! Sei andato a in macchina in studio?".
    Ti prego, dimmi di no, ti prego dimmi di no!, iniziai a pregare. Avevo assoluto bisogno della macchina, altrimenti sarebbe stato tutto molto più complicato con un pancione che giorno dopo giorno aumentava.
    "No, no! Anche se siamo quasi a Natale, comunque si sta bene oggi a Milano e c'è pure il sole!".
    Sì, lo vedo!, pensai scendendo a Milano centrale.
    "Ah ottimo!".
    "Ma che è tutto 'sto casino?".
    Cazzo!
    "Un gruppetto di ragazzini che sta cercando posto".
    "Ah okay! Comunque appena sei a Milano Rogoredo scrivimi che ti vengo a prendere".
    "Ma no, Marco tranquillo! Ci vediamo a casa".
    "Ma figurati!".
    Merda!
    "Vabbè, ci sentiamo dopo e decidiamo!".
    Presi la metro e dopo un paio di fermate scesi. Pochi metri ed eccomi a casa.
    Salii all'ultimo piano senza ascensore maledicendo ogni scalino affrontato, dopodiché, senza neanche spogliarmi, entrai in casa, presi le chiavi della macchina e mi avviai verso il garage. Casa, come mi aveva detto a Genova, era abbastanza in ordine, ma avevo visto solo l'ingresso. Non osai immaginare come fosse la camera da letto.
    Mi avviai verso un negozio che vendeva tutto il necessario per gli addobbi natalizi, albero compreso. Tra uno scaffale e l'altro trovai un sacco di palline di vetro con decorazioni bianche. Bellissime.
    "Certo che con una bambina di neanche un anno non saranno proprio indicate!", commentai a voce alta, ma erano così belle che non potevo scegliere altrimenti.
    Successivamente optai per dei nastri argento e un albero di due metri d'altezza. Occhioni dolci al commesso, e trovai anche l'aiuto per caricare tutta quella roba sulla macchina. L'unico problema restava: come lo porto in casa?
    Lampadina: Marta.
    "Pronto?".
    "Ciao Marta, sono Simo. Fai la disinvolta, allontanati da Marco e soprattutto ho bisogno di un aiuto, anzi due!".
    "Si tratta di salute?", la sentii abbassare la voce.
    "No, no, figurati! Sono problemi ben più piccoli".
    "Ah okay, spara!".
    "Prima ho sentito Marco, gli ho detto che il treno è in ritardo di un'ora e mezza perché così avevo il tempo di arrivare qui a Milano, andare a casa, prendere la macchina e andare a prendere gli addobbi natalizi, albero compreso!".
    "Meno male che ci hai pensato tu, non hai idea delle liti che abbiano fatto noi due".
    "Non hai idea delle nostre! In ogni caso, Marco preme di venirmi a prendere, bisogna trovare una soluzione".
    "Okay, forse ho un'idea. Ma come porti la roba in casa, senza ascensore?".
    "Quello è il secondo problema che avevo da esporti",
    "Okay, allora ho la soluzione!".
    "Sapevo che tu saresti stata la donna della mia salvezza!".
    "Ma non ci prendere gusto che mi basta tuo marito!".
    "Non ancora marito! Ma te lo giuro farò la brava! Spara!".
    "Giorgio dovrebbe venire il studio ora, quindi prima lo mando da te, ti porta su la roba e poi viene qua, così usiamo la scusa che sia stato lui a portarti a casa".
    "Perfetto! Anche se... Il treno in teoria sarebbe partito mezz'ora fa da Genova!".
    "Secondo te Marco se lo ricorderà?".
    Domanda retorica.
    "Effettivamente hai ragione!".
    "Dai che chiamo mio fratello!".
    "Grazie mille, tesoro! A dopo!".
    Così a brevi ranche cercai di portare tutta la roba nel portone, in modo tale da velocizzare i tempi, e andai a parcheggiare la macchina. Poco dopo mi richiamò la manager.
    "Pronto?".
    "Ha detto che tempo dieci minuti sarà lì!".
    "Grazie mille! Ovviamente stasera siete tutti e due invitati a cena da noi, sia chiaro!".
    "Ma vorrete stare da soli!".
    "Non ti preoccupare. Secondo te anche Marco si farebbe dei problemi?".
    Domanda retorica.
    "Okay, a dopo! Un bacione e grazie".
    "Grazie a te, ancora!".
    Tempo dieci minuti di orologio e arrivò il fratello di Marta preceduto dal suo sorriso smagliante.
    "Ciao Giooooo!".
    Egli mi abbracciò calorosamente.
    "Simo, hai una pancia enorme! Ma perché non ti metti a dieta? Trattienila un po', non fa bello!", mi prese in giro.
    "Eh lo so, ma sai, la mamma cucina proprio bene!".
    Scoppiammo tutti e due a ridere.
    "Come stai?".
    "Bene, grazie, te? Scusami se ti ho disturbato per portare su questa roba, ma avevo qualche problema di ingombro".
    "Ma stai tranquilla tanto da qui ci sarei passato lo stesso!".
    Salimmo pian piano le scale e in una sola volta riuscimmo a portare tutto.
    "Vuoi un caffè?", gli chiesi del tutto ignara di cosa ci fosse realmente in casa.
    "No, grazie, l'ho preso prima di uscire di casa. Scappo così, prima di andare a prendere mia sorella, vado a fare alcune commissioni".
    "Scusami se ti ho fatto tardare!".
    "Ma smettila!".
    Egli accarezzò il mio pancione e mi salutò.
    "Ci vediamo stasera!", lo avvisai.
    "Va bene", sorrise accondiscendente.
    Ormai sia lui che Marco si erano rassegnati all'idea che quando Marta e Simona organizzavano loro non potevano che rispondere "Va bene".
    Una volta chiusa la porta di casa feci un piccolo giro d'ispezione per controllare casa e meravigliarmi nell'osservare che tutto era in ordine. Abbastanza per i canoni del mio compagno.
    Aprii il frigo e non mi meravigliai nel vederlo mezzo vuoto. Sorrisi. Era bello tornare a quella quotidianità: la nostra quotidianità. Decisi che a quel "piccolo" particolare ci avrei pensato dopo, quindi iniziai a montare l'abete e ad addobbarlo, così, al rientro, Marco avrebbe avuto una gran bella sorpresa di due metri! Per quanto riguardava la cena ce la potevamo cavare con qualcosa d'asporto.
    Canticchiando le canzoni che passavano alla radio, mi dilettai con fiocchi, fiocchetti, palline e nastri. Tutto stava prendendo forma come per magia e il mio entusiasmo accresceva sempre di più. Appena posizionata l'ultima pallina il telefono iniziò a squillare.
    "Pronto?", avviai la conversazione senza badare a chi fosse.
    "Sei 'na stronza!".
    Marco!, sollevai un sopracciglio sconfitta da quell'amorevole appellativo che, senza pensare, mi dava ogni tre per due.
    "Ti amo tanto anche io, Valvola del mio cuore nonché padre di mia figlia!".
    "Ci tenevo, cazzo! Volevo anche portarti a cena fuori e invece tu hai invitato Marta e Giorgio a cena, contando che non c'è neanche nulla un casa".
    "Amore, ascolta. Al sesto mese di gravidanza, andare in moto è un po' ingombrante. Non è propriamente comodo!".
    Evitai il punto sulla sicurezza, perché sicuramente egli si sarebbe potuto attaccare al fatto del Flamenco ed era meglio evitare discussioni già la prima sera.
    "Effettivamente...".
    Mi stupii di aver vinto così facilmente.
    "E per la cena possiamo fare domani, anche perché stasera sono un po' stanca e preferisco stare a casina con te, Amore mio".
    Che ruffiana che sei, Simona!, mi ammonii da sola.
    "Sì, certo!".
    "Sei ancora arrabbiato?", gli chiesi con tono da cane bastonato. Normalmente funzionava.
    "No, figurati, non ti preoccupare".
    "Se non vuoi Marta e Giorgio per casa basta dirlo e si disdice!".
    "Ma figurati! Usciremo domani, non ti preoccupare".
    "Grazie, Amore mio!".
    "Ma ti pare", sentii un sorriso nascergli sulle labbra, "a dopo, piccola!".
    Gongolai un attimo di quell'istante di dolcezza, dopodiché tornai a lavoro.
    "Marco non mi ha detto quando tornano, ottimo!", pensai ad alta voce, quando arrivò un messaggio.
    "Comunque stiamo partendo dallo studio ora, ti va la pizza?".
    Appunto.
    "Stracchino rossa!", risposi prontamente.
    Iniziai così ad apparecchiare la tavola per quando sarebbero arrivati, successivamente mi occupai di sistemare le ultime cose in casa. Infine, con carta e penna in mano, mi sedetti sul divano e iniziai a stilare una lista della spesa che avremmo dovuto fare l'indomani. Mi grattai leggermente il pancione dopo una lista che prendeva quasi due facciate di Block-notes, quando sentii la porta aprirsi. Cercai di alzarmi.
    Prima cosa da comprare: il divano!, pensai trovando difficile sollevarmi dal sofà.
    "Simo dove sei?", Marco gridò in casa senza vedermi.
    "Sono qui dietro, Marco, non c'è bisogno di urlare".
    "Il divano bastardo!", rise egli venendomi a recuperare.
    "Prima cosa da comprare?", gli ricordai l'antifona.
    "Un divano nuovo in vista della prossima gravidanza!", rispose egli a cantilena.
    "Bravo, Amore! Ciao, Marta, come stai? Quanto tempo, dolcezza!".
    "Davvero, è un sacco di tempo! E guarda come cresce questo pancione!"
    "Eh già! E meno male che tutti sti chili li ho presi uno alla volta! Anche perché è impossibile alzarsi dal divano ormai!".
    "Marta dille un po' qualcosa che se lamenta della dieta pure da incinta!", il mio compagno mi sputtanò docilmente mentre stava consegnando le pizze.
    "Grazie, Ma".
    "Almeno ancora per qualche mese, Simo, datti tregua!", mi prese in giro in modo carino la manager mentre il fratello l'assecondava con il capo.
    "Ho capito non è serata per me oggi!", quindi finta offesa mi sedetti a tavola aspettando la mia cena.
    "Oh mio Dio, ma è enorme!", lo sentii esclamare dalla sala.
    Sicuramente si riferiva all'albero di Natale.
    "Non è bellissimo?!".
    "Pensavo peggio! Tieni, rompi scatole!", e mi passò la cena.
    "Grazie, simpaticone!".
    Mangiammo così insieme tra una chiacchiera e una risata, ascoltando gli aneddoti di ciò che, nel periodo genovese, mi ero persa nella città della moda.
    "Quindi quali sono i prossimi progetti?", domandai finta disinteressata.
    Da quanto mi aveva spiegato Marco forse c'era in ballo il concerto di capodanno e io, con tutto il mio cuore, speravo di no, anche perché sarebbe stato due giorni dopo il nostro spettacolo, il che significava partire subito da Genova per Milano e, successivamente, per la città prestabilita dalla Sony.
    "Abbiamo deciso di sentirci in corso d'opera in queste feste, prima della fine dell'anno, in modo tale da avere conferma dagli studi per la questione del concerto".
    "Ma come mai non si sa ancora nulla? Di solito sono preparati mesi e mesi prima!", c'era qualcosa che non quadrava, anche perché potevano farla a tutti ma non a me, visto che l'anno precedente ero stata proprio io a occuparmi dell'organizzazione del concerto di capodanno.
    "Ci sono stati un po' di casini con i capoccioni!", spiegò Marta.
    "Bah, mi sembra tutto così strano!".
    "Te invece che programmi hai per capodanno?", mi chiese Giorgio.
    "Gradirei organizzarlo con il mio compagno", feci una smorfia di disappunto, "te invece?".
    "Penso che andrò a Verona", sorrise.
    "Eh Verona!", lo canzonò Marta.
    "Eh Verona!", sospirò anche Marco divertito.
    Io guardai tutti e tre. Perplessi, Giorgio e io ci fissammo negli occhi, dopodiché esclamai a mia volta: "Eh, Verona!". Il ragazzo diventò bordeaux in volto e abbassando lo sguardo sorrise impacciato.
    "Nome, cognome, data di nascita, luogo e... conto in banca!", incalzai il discorso provocando una risata generale.
    "Si chiama Claudia...".
    "Non la Carboni, vero?".
    "Simo!".
    "Dai che facevo per scherzare! Continua!".
    "È di Verona, ha un paio d'anni in meno di me e fa la musicista nell'orchestra dello stabile".
    "Sti cazzi!", esclamammo all'unisono.
    "Da quanto vi frequentate?", si interessò la sorella.
    "Un paio di mesi".
    "Dolci!".
    "Pronti per il dolce?", domandò il cantante.
    "Anche?!", lo guardai stupita. Io stavo già scoppiando con una pizza.
    "Torta di frutta con frutti di bosco".
    La mia preferita.
    Lo guardai con un sorriso che partiva da orecchio a orecchio.
    "E allora non posso dire di no!".
    "Noi però dobbiamo andare!", Marta intervenne.
    "Ma come, c'avete rovinato la serata finora e ve ne andate senza dolce?! Rimanete pure, dai!", Marco li canzonò lasciando trasparire il proprio pensiero.
    "Ci ha invitato tua moglie, Mengò!", lo riprese la donna.
    "Dai, seriamente, almeno un pezzo!".
    "No, seriamente, Andrea mi ha già mandato messaggi per dispersa".
    "Ancora?", chiesi alla manager in riferimento a lunghe chiacchierate che durante il tour ci hanno viste protagoniste nelle notti di viaggio, o in albergo, mentre il Moro dormiva.
    "Già! Poi ti racconto le ultime in questi giorni che siete qui e facciamo un pomeriggio di thé e sole donne!".
    Sorrisi.
    "Perfetto, dai!", ci abbracciammo e ci salutammo, così, tempo cinque minuti, eravamo rimasti finalmente da soli. Marco e io. Io e Marco.

    ***

    Lei a fare gli scatoloni e dare direttive sul trasloco all'ottavo mese, non esisteva nulla di più bello. Con qualche falso allarme, la gravidanza stava andando alla grande, nonostante lo spettacolo, che alla fine fece, e le lezioni che non mancava a seguire.
    Uno po' mi mancherà questa sua bellezza venerea e formosa!, mi trovai a sospiro osservandola di profilo.
    "Amore, ci sei?", mi canzonò vedendomi imbambolato con l'ultimo scatolone in mano.
    "Eh? Ah sì, si! Stavo a pensà!".
    "Dai che è l'ultimo e poi chiudiamo tutto!", mi esortò dalla porta dell'ascensore.
    Terzo piano con ascensore e ampia stanza per Morgana, nel caso un domani dovesse avere un fratellino o una sorellina. Una pacchia in confronto a prima. Entrammo in casa e in mezzo agli scatoloni una cosa era già sfasciata: il divano nuovo. Sorrisi nel vederla sedersi con faccia appagata per la comodità. Quando all'improvviso le squillò il cellulare.
    "Mia madre", mi guardò con occhi pieni di panico, "Ciao, mamma, dimmi tutto!".
    La vidi annuire poco curante nell'ascolto e con un gesto mi invitò a sedermi accanto a lei.
    "Ti ringrazio, mamma, ma abbiamo finito il trasloco giusto ora, quindi dobbiamo mettere solo a posto le cose in casa e ci siamo. No, mamma, non c'è bisogno che tu venga, anche perché non saprei dove metterti a dormire. Ma figura se andresti in albergo, ma non ti preoccupare davvero, Marco è a casa perché lo studio è chiuso, quindi mi dà una mano lui senza problemi. Tempo tre giorni ed è tutto pronto. No, tranquilla non mi stanco! Va bene, mami, ci sentiamo in un altro momento, va bene! Un bacione, saluta tutti!".
    "Potevi farla venire su la mia suocera preferita!".
    "Anche perché solo questa hai!".
    "Effettivamente!", ci pensai su.
    "No, Amore, mi fa un casino mentale che non hai idea, preferisco farmi le cose con molta calma, altrimenti poi impazzisco!".
    "Evitiamo! E questa signorina? Quando si decide a farsi vedere da mamma e papà?".
    "Beh non manca molto!".
    "Ricorda che dalla 37esima settimana ogni momento è ottima! Puoi può nascere un po' prima anche... O un po' dopo!".
    "Quando è il termine?".
    "Alla quarantesima, i primi del prossimo mese".
    "Okay... E tu a che settimana sei?".
    "Entro oggi nella 36esima".
    "Ah quindi potrei diventare papà in ogni momento!".
    Mi sentii ufficialmente in ansia.
    "Si, amore! Mia madre mi ha sempre detto una cosa verissima ovvero "dal settimo mese la valigia per il parto deve essere sempre pronta" ed è verissimo!".
    "Dal settimo? Ma non ci possono essere complicanze per la salute del bambino?", la guardai con uno sguardo che probabilmente era unito tra lo scioccato e il terrorizzato.
    "Si, ma stai tranquillo tanto noi siamo già quasi al nono", mi sorrise comprensiva, accarezzandomi il volto.
    "Va bene, va bene. Ma si, si, sono calmissimo!".
    "Certo, si vede!", scoppiò a ridere.
    "Domani, devo andare in studio per un paio d'ore. Tu vieni con me?".
    "Beh, perché no! È un sacco che non vengo a vedere le tue registrazioni".
    "Allora dovrò essere più bravo del solito!".
    "Tu sei sempre perfetto, amore mio grande!", e mi attirò a sé baciandomi così dolcemente che solo lei sapeva fare.

    Il giorno dopo ci alzammo di buon'ora nel letto nuovo e tutto sembrava così magico. Sarà stata la nuova casa, l'avere lei accanto appena sveglio e il solo pensiero che di lì a due giorni sarebbe dovuta tornare a Genova mi si stringeva il cuore.
    Che senso ha che torni a Genova se tanto inizia la maternità domani?, continuavo a domandarmi. Ma la risposta era sempre la stessa: almeno non sarebbe stata d'impiccio a me e al mio lavoro. Soprattutto in caso della nascita della bambina io avrei potuto riposare senza urla ed essere pronto e fresco per le nuove registrazioni. Ma secondo lei io riuscirò a stare lontano da loro due?!
    La vidi stropicciarsi gli occhi e stiracchiarsi la schiena.
    Dio, quanto è bella in ogni momento della giornata! Dio mio, quanto la amo!
    "Buongiorno, tesoro mio!", le sussurrai avvicinandomi.
    "Buongiorno, papà!".
    "Vado a preparare il caffè, tu fai con calma, abbiamo tempo!".
    Ella mi annuì ed io mi avviai verso la cucina.
    "Amore, colazione al bar!", le annunciai facendo capolino sul l'uscita della camera.
    Simona scoppiò a ridere, probabilmente già lo immaginava, ma io non mi ricordai che la sera prima dalla stanchezza non riuscimmo a mettere nulla a posto. Così ci vestimmo con calma e salimmo in macchina: avremmo fatto colazione nel bar vicino allo studio di registrazione.
    Stavamo pianificando i restanti giorni assieme quando ad un certo punto, mentre la stavo prendendo in giro come al mio solito, la vidi sbarrare gli occhi.
    "Che succede, Simonè?".
    "Ci siamo", sussurrò.
    "Cosa?".
    "Marco, fai inversione e vai verso l'ospedale o mi si rompono le acque in macchina!".
    Oh merda! Sto per diventare papà, davvero, e questa non è un'esercitazione.


    Fine.


    Scusate l'eccessivo MIELE ma a Natale puoiiiiiiiiiiii :D
     
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  4. Light~
     
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    Che tenerezza! Mengoni è proprio un imbranato, adorabile.
    Brava, ci voleva un po' di leggerezza e miele. :love:
     
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  5.  
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    Mieeeeeeele!!! :P grazie Chiare'!!! 😘😘
     
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